« La poesia di ferrantino nasce da un continuo, intenso scavo nei fondali della memoria: le “piccole cose” emergono dalla lontananza a volte nebulosa del passato e chiedono visibilità e ascolto; e il poeta dà loro voce e sensi e segni. La scrittura, coerentemente con tale scelta di poetica, è caratterizzata dalla compresenza di due registri stilistici: la tonalità colloquiale e la densità metaforica, che consentono di recuperare e armonizzare con esiti assai felici sia il valore denotativo sia il valore connotativo della parola. La poetica di Ferrantino ha attraversato sapientemente la linea evolutiva della poesia italiana contemporanea da Ungaretti a Saba ai poeti a noi più vicini ed è pervenuta a una sintesi fresca e originale, contrassegnata da una cifra stilistica capace di far emergere dalla parola le molteplici potenzialità semantiche di cui essa è portatrice».
Giacinto Namia
Di silenzio è circondata questa Sua poesia, dal silenzio nasce, di silenzio si nutre; e la parola perciò si fa interiore, assorta. Poesia che ha respiro meditante. Il verso lungo, così sagacemente orchestrato, tra respiri più brevi che lo valorizzano è uno degli strumenti che immettono nell’atmosfera specifica di questa poesia. Con un termine usato dai compositori, si direbbe un tempo prevalentemente “largo”.
Emerico Giachery
La poesia di Paolano Ferrantino sta sul limite dell’esistenza, nelle ore che precludono la fine. Una poesia liminare: e si intona al silenzio.
In silenzio essa medita e distilla le parole; sullo spartito dei versi gli eventi s’arrestano al di qua del loro accadere, in una atmosfera che sa di attesa.
Marcello Carlino
E non muta la linea dello stile, […]la cui nota peculiare è un lavoro serrato sulle parole, è una pesatura attentissima, è una ricerca di essenzialità basata sull’arte del levare.
Marcello Carlino
E qui risulta chiaro il valore dello sforzo linguistico di Ferrantino. Non solo ci troviamo nello spazio tipicamente poetico dell’immaginazione («a immaginare il vento»; «provo a immaginarle»); vediamo anche, concretamente, il gelo farsi cenno, la pioggia e la cenere farsi riga, il pendìo di pietre materializzarsi sul foglio. Le parole insomma diventano le cose e le cose assumono un significato come segni del discorso senza perdere la propria sostanza. Si celebra l’essenza metaforica della poesia, ma da una prospettiva che potremmo dire metafisica. E la poesia non sarà forse il rimedio alle assenze e alle privazioni, né un antidoto al dolore, né un riscatto del male di vivere, ma resta lo strumento migliore per assimilare il reale e oggettivarlo in una rete
di significati ampia abbastanza per fare un po’ di luce.
Giovanni Barbéri Squarotti